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Vizio di forma
Il vizio di forma, in campo giuridico, designa un errore o un’imperfezione che può rendere
annullabile un atto. Trasponendo questo concetto nel campo dell’arte contemporanea, e
più propriamente nella pittura, un’imperfezione, una differenza, un dettaglio dell’opera
potrebbero annullare la definizione tradizionale di pittura.
Il vizio di forma è qui inteso come un difetto in senso positivo, un discostarsi dalla norma,
una contaminazione di stili e metodi che annulla una categoria per creare un discorso
più ampio sull’arte contemporanea. Oggi risulta difficile operare ancora una distinzione
netta tra le categorie artistiche, considerando tutte le ibridazioni in atto. Sebbene da
secoli i confini dei generi stiano diventando sempre più labili, muovendosi tra tradizione e
rottura con il passato, ora diventa plausibile annullarli definitivamente. Parlare di pittura è,
quindi, sempre più complesso, in quanto la sua definizione come puro genere artistico si
sta esaurendo, non perché la potenza del mezzo e della tecnica stia scemando, ma perché
sempre più i procedimenti, i metodi e le idee si uniscono e fanno sì che si parli d’arte senza
costringerla in categorie fisse. Con “Vizio di Forma” si vuole stimolare un dialogo cercando
di mostrare le molteplici sfaccettature del gesto pittorico, e la commistione di tecniche
e materiali che sfociano nell’abbattimento dei confini dei generi artistici. Il dibattito
sollevato vuole rimanere attivo, le domande sempre aperte e le risposte molteplici. Gli
artisti selezionati, pur senza partire da un intento comune, insieme riescono a delineare
un panorama in cui la tradizione si rinnova attraverso l’elaborazione di nuovi linguaggi e
la sperimentazione di tecniche e materiali attinti da pratiche eterogenee.
La pittura ad olio è il punto di partenza nella ricerca di
Dario Maglionico, Thomas
Scalco, Aldo Sergio e Chiara Sorgato
. Ciascun artista declina le potenzialità di questa
tecnica con intenti diversi: in
Reificazione #15
(2016)
Dario Maglionico
studia il contrasto
tra il buio e la luce, cristallizzando in figure incoerenti tempi e momenti inconciliabili.
Thomas Scalco
priva la pittura del suo supporto più tipico nella serie
Possibilità
(2013)
utilizzando sette fogli di carta formato A4, su cui rappresenta la dinamicità dell’incontro
e del confronto, servendosi della metafora di un piano rettangolare rappresentato da più
punti di vista.
Aldo Sergio e Chiara Sorgato
, invece, stabiliscono una connessione tra la
tradizione e l’attualità, su due piani differenti: su quello formale
Aldo Sergio
, che inserisce
dei pixel per interferire sulla nitidezza dell’immagine (
Gallo bianco
, 2015;
Piccione
, 2015),
su quello del contenuto
Chiara Sorgato
, che critica la sovraesposizione mediatica della
maternità attraverso la complessa iconografia dell’opera
Creature di palude
(2014).
Il gesto pittorico diventa atto performativo nella pratica del
video-painting
di
Aldo Lurgo
,
(2015) nel cui lavoro confluiscono una molteplicità di linguaggi, dal collage digitale alla
videoproiezione, il tutto sintetizzato e concretizzato in un dipinto su parete.
Di gesto pittorico parla anche
Virginia Dal Magro
per descrivere le operazioni - tipografiche
e calcografiche - che alterano i soggetti delle fotografie sviluppate in camera oscura, un
procedimento che applica anche su il piccolo libro d’artista, realizzato stampando una
pagina al giorno (
Camera
, 2016).
Il disegno non ridotto ad elemento preparatorio ma rivendicato nella sua autonomia
estetica: è quanto si osserva nella serie
Untitled
(2013) realizzata da
Umberto Chiodi
,
in cui il tratto si evolve, diventando sempre più dinamico e complesso, per giungere
a svincolarsi dal piano orizzontale e acquistare tridimensionalità in un libro d’artista dal
respiro scultoreo.
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