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José Rosabal
Vincitore del Premio alla Carriera
Interrompendo una lunga tradizione consolidata nel tempo, quest’anno il Premio alla
Carriera Bice Bugatti Giovanni Segantini è stato assegnato a un artista non italiano, il
pittore cubano José Rosabal (Manzanillo, 1935).
Nelle due precedenti edizioni da me curate, lo stesso premio è stato assegnato a Concetto
Pozzati e successivamente ad Arcangelo.
Con una definizione apparentemente desueta, si tratta di pittori e di relativo riconoscimento
alla pittura italiana, così come nella storia del Premio Bice Bugatti-Giovanni Segantini.
Questa apertura internazionale, sebbene si distacchi da una tradizione tutta nazionale,
fa completo e pieno riferimento allo sfondo, anzi sarebbe meglio dire al fondamento
concettuale e pratico del Premio, che presenta una costante attività di analisi e di
presentazione della pittura.
José Rosabal ha una lunga storia artistica, che unisce il suo luogo di origine, Cuba, e la sua
ricerca artistica che si colloca al centro del Modernismo latino-americano. In altre parole,
le sue opere vanno “comprese” all’interno di una geografia complessa in cui l’esperienza
artistica si interseca con la Cuba prerivoluzionaria e ovviamente, dopo il 1959, con quella
post, sino all’attualità socio politica.
Nel 1960 José Rosabal fa parte del gruppo cubano dei “Dieci Pittori Concreti”. I 10 Concreti
riprendevano la tradizione di quella che Alfred Barr jr, negli anni 40, aveva definito “The
Havana School”, e cioè la sezione cubana della Pittura Modernista.
La definizione di “Arte Concreta” fu coniata, all’incirca nel 1930, dall’artista e designer
Theo van Doesburg (1883-1931), e si riferisce ad una esperienza artistica (che sconfina e
si appropria anzi del design) in cui non sono presenti elementi figurativi e simbolici. Inoltre
non vi è spazio per la narrazione e ovviamente per associazioni naturalistiche dirette.
La “precisazione” di van Doesburg identifica una vasta parte dell’utopia geometrica astratta
di Mondrian e dei Costruttivisti, che si declinerà successivamente nel tardo di Kandinsky,
nella New York School degli anni ‘50 e ‘60 (un gruppo eterogeneo di artisti, scrittori,
musicisti generalmente identificato con l’Espressionismo Astratto), il contemporaneo
Tachisme francese, e artisti brasiliani come Lygia Clark ed Hélio Oiticica, sino alle esperienze
artistiche di Victor Vasarely e Josef Albers.
Questo lacunoso e sin troppo sintetico riassunto ci serve solo come esempio per indicare
come il Modernismo latino-americano non avesse come modello solo quello americano,
indicato da Alfred Barr, ma una complessa rete di relazioni, scambi e originali interpretazioni
in paesi come il Brasile, l’Argentina e, appunto, Cuba.
Nel 1952 Josef Albers tenne un corso di un fine settimana agli studenti e ai professori di
architettura dell’Università dell’Avana. In una lettera alla moglie Anni (che ricordiamo come
una dei protagonisti, nel 900, dell’arte tessile e grafica), Albers ricorda con entusiasmo
queste lezioni, “La lezione di colore è molto entusiasmante, perché ogni cosa che dico è
una sorpresa assoluta!”.
Non so se José Rosabal abbia assistito a quelle lezioni, ma è quasi sicuro (come testimonia
Rafael Diaz Casas, curatore della mostra ‘Trayectorias Paralelas’ de Salvador Corratgé y
José Rosabal, a Miami nel gennaio 2016)
che Josef Albers (e sua moglie Anni) siano stati un modello per un artista che pone il colore
al centro della composizione dei suoi quadri.
Giovanni Iovane
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